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Gli scienziati creano un robot controllato da cellule cerebrali umane per studiare le tecniche di riparazione del cervello | Scienza e salute

Lia Boni by Lia Boni
Luglio 2, 2024
in science
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1 di 1 Robot utilizzati nei test – Immagine: riproduzione
Robot utilizzati nei test – Immagine: riproduzione

Un team di ricercatori cinesi è alla ricerca di un robot in grado di svolgere compiti sempre più complessi Ha deciso di trapiantare un organo ricavato da cellule staminali umane In versione piccola. Oltre a sviluppare robot, il progetto mira a studiare modi per riparare il cervello umano danneggiato da una malattia.

Secondo il South China Morning Post, gli scienziati dell’Università di Tianjin e della Southern University of Science and Technology hanno collegato il tessuto cerebrale umano a un’interfaccia neurale robotica, consentendo la trasmissione delle istruzioni al corpo del robot umano.

L’esperimento fa parte di un’iniziativa che mira a studiare come funziona l’organoide inviando segnali cerebrali, agendo come un computer, ed è responsabile dell’emissione di comandi all’organismo.

Sebbene le immagini suggeriscano che si tratti di un organo umano, la massa è poco più che una simulazione di quella che potrebbe diventare una futura configurazione del robot – con un “cervello” che lui chiama suo.

Attualmente, i tessuti utilizzati dai ricercatori sono costituiti da cellule staminali pluripotenti, che hanno la capacità di dividersi e sviluppare diversi tipi di cellule, come quelle che compongono il tessuto cerebrale.

Mentre l’app installata sul robot serve a dare istruzioni per evitare ostacoli o afferrare oggetti, l’obiettivo principale dei ricercatori è scoprire come l’organoide potrebbe aiutare a riparare il cervello umano e, chissà, anche a eseguire trapianti di organi in persone che hanno subito un ictus. Per esempio.

Tuttavia, lo studio è appena iniziato ed è ancora necessario capire meglio come i tessuti danneggiati vengono riparati dagli organoidi delle cellule staminali.

Nell’articolo finale prodotto dai ricercatori del progetto, hanno utilizzato gli ultrasuoni a bassa intensità per trovare nuovi modi per integrarli nel cervello umano e si sono resi conto che questa tecnologia consente la formazione di reti tra l’ospite e il corpo, rappresentando un’alternativa per aiutare i pazienti con danno cerebrale.



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