(ANSA) – Tribunale VeneziaNel nord Italia si trova ad affrontare un’ondata di azioni da parte dei brasiliani per il riconoscimento Cittadinanza per diritto di sangueUn movimento che ha influenzato l’operato della Magistratura Civile.
Alla cerimonia di apertura dell'anno giudiziario, lo scorso fine settimana, il capo della Corte d'appello di Venezia, Carlo Citterio, ha affermato che si tratta dell'unico tribunale cittadino a registrare un aumento del totale del Paese. Casi pendenti.
Ciò è dovuto, secondo lui, al “numero di richieste di prova di cittadinanza da parte di brasiliani legati all'Italia”.
“Il numero di questi ricorsi supera il numero di tutti gli altri casi del tribunale veneziano”, ha aggiunto Citterio, sottolineando che le origini italiane di questi ricorrenti sono talvolta “molto remote”.
Solo nel 2023 il tribunale di Venezia ha ricevuto 12mila nuove cause di cittadinanza, secondo il portale Il Post, la maggior parte da brasiliani.
Il problema era che fino al 1948 la cittadinanza passava solo per via paterna, quindi i figli di una donna sposata con uno straniero non venivano riconosciuti come italiani.
Tuttavia, nel 1948 entrò in vigore la Costituzione repubblicana, che garantiva un maggiore equilibrio dei diritti, e diverse sentenze dei tribunali riconobbero la validità del trasferimento della cittadinanza da parte della madre già prima del 1948.
La maggior parte delle azioni presentate al tribunale di Venezia riguardavano brasiliani di origine italiana discendenti prima del 1948 per linea materna, cosa che poteva essere certificata solo dal tribunale.
Ci sono stati anche casi di ricorso alla magistratura a causa delle lunghe attese nelle ambasciate. Fino al 2021, secondo Il Post, questi processi di cittadinanza erano concentrati presso il tribunale di Roma, ora invece i casi vengono analizzati nel luogo di nascita dell'antenato italiano.
In questa situazione i comuni del Veneto, una delle principali regioni di provenienza delle centinaia di migliaia di italiani immigrati in Brasile a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, necessitavano di un “urgente intervento etico” per regolamentare il riconoscimento della cittadinanza. Per diritto di sangue.
“Tutto ciò nuoce al funzionamento degli uffici anagrafici, con inevitabili conseguenze sull'espletamento dei servizi alla popolazione”, ha affermato Carlo Rapigaoli, direttore dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANC) del Veneto. (ANSA)
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