Dopo una “accesa discussione” in Consiglio dei Ministri, il governo di Giorgia Meloni ha abbandonato un progetto che avrebbe ampliato gli incentivi fiscali sugli stipendi dei nuovi giocatori ingaggiati dai club italiani dall'estero.
Questa proposta si chiama “Decreto Crescita”, ovvero un incentivo finanziario che consentirebbe alle squadre di risparmiare il 50% in tasse sugli stipendi degli atleti provenienti da altri Paesi, rendendo più semplice competere con i valori offerti in Inghilterra e Spagna.
La speranza era che il progetto venisse prolungato fino alla fine di febbraio, proprio per coprire il prossimo periodo di trasferimento, ma il governo italiano ha deciso di annullarlo a partire dal 1° gennaio 2024.
La Lega Italiana in un comunicato ha analizzato: “La mancata estensione della misura renderà le squadre meno competitive, con conseguenti minori ricavi, minori risorse destinate alle squadre giovanili, una dimensione inferiore del settore e quindi minori ricavi”. “Scioccato e preoccupato” dalla decisione.
Pagare ai giocatori stipendi troppo alti rappresenta un costo rilevante per i bilanci delle federazioni, soprattutto delle principali squadre di Calcio. In quest'ottica il senatore e presidente della Lazio, Claudio Lotito, ha affermato che molti club “corrono il rischio di essere distrutti” da questo provvedimento. Citando come esempi Juventus, Milan e Roma.
Stessa linea di pensiero è stata seguita da Giorgio Forlani, amministratore delegato del Milan, che ha espresso il suo rammarico per la decisione del governo italiano in merito.
I sostenitori dell'annullamento del progetto, come l'Associazione Italiana Calciatori (AIC), sostengono che il “Decreto Crescita” sia stato un ostacolo allo sviluppo dei giovani atleti del Paese europeo.
L'annullamento del progetto di mantenimento non era previsto dai club, al punto che il ministro dello Sport Andrea Aboudi si era recentemente posizionato a favore del prolungamento.
Non è ancora chiaro cosa sia successo a questa svolta improvvisa degli eventi.
Molti paesi attualmente seguono norme simili sugli incentivi fiscali, come Belgio, Francia e Paesi Bassi.
.