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recensione | Lupo Samurai – Piano Critico

Jemma Marchesi by Jemma Marchesi
Settembre 23, 2021
in entertainment
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Tra il 1964, quando Hideo Gosha emigrò dalla televisione al cinema con un eccellente adattamento cinematografico della sua serie di successo Tre Samurai Fuorilegge, e il 1970, quando tornò in televisione con a Biologia Dalla sua creazione, il regista è sfuggito solo una volta al tema dei samurai/ronin, con Gohiki no shinshi, il suo terzo vantaggio, a Noir Dei gangster che possono essere visti come una prova per la sua seconda fase da regista, questa volta incentrata sulle trame che coinvolgono la Yakuza. Tuttavia, nello stesso anno, mise nella scatola almeno altri tre film sui samurai, uno dei quali è l’inizio di un diarista noto qui come Lobo Samurai E che, a parte l’animale nel nome, non ha nulla a che fare con il manga successivo lupo solitarioAdattato come una serie di film.

In qualche modo, il suo umile film su un ronin errante che finisce per aiutare una bella donna cieca che possiede un centro commerciale è minacciato da un cattivo che lo circonda. discepoli Umani, è l’anello mancante che fa molto affidamento su Akira Kurosawa, soprattutto dalla struttura di base di Yojimbo – o Guardia Costiera, ma anche da Spaghetti occidentali di Sergio Leone et al, dal 1964 in poi, con Per pochi dollariHo iniziato a decollare a terra. In altre parole, è una caratteristica che abbraccia curiosamente le sue origini giapponesi, ma allo stesso tempo non esita a riportare in Giappone la versione occidentale dei film di samurai, “re-targeting”.

Questa fusione narrativa è già evidente con l’introduzione del personaggio del titolo interpretato da Isao Natsuyagi, che in realtà si fa chiamare Lobo Furioso. Sebbene sia molto abile nell’uso della spada, non porta l’aura di onore e rispetto che vediamo nei samurai erranti di Kurosawa, ma piuttosto lo stile schietto, a volte sgradevole e sempre egoista dell’impronta di Leon, che fu in seguito ripetuto da Sergio Corbucci. Accettare il compito di difendere un carico prezioso che significa vita o morte per il magazzino della piccola cieca è per soldi e un chiaro desiderio fisico che si ripete attraverso il modo in cui Ronin comunica con la prostituta locale. Un altro elemento che proviene chiaramente dall’esterno dell’arcipelago è la colonna sonora di Toshiaki Tsushima che emula Ennio Morricone al punto che a volte l’uso acuto e invadente dell’armonica sembra provenire direttamente dal direttore d’orchestra italiano.

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È interessante notare, tuttavia, che Natsuyagi riesce a trasformarsi tanto quanto il grande Toshiro Mifune, mentre passa abilmente tra un cinico egoista, uno spadaccino animale e l’uomo che trova il suo nord e salva parte del suo onore quando la polvere si calma. Mad Wolf of Gosha è esplosiva, indomita, possiede uno strano stile di combattimento che tiene la sua spada nel fodero quasi tutto il tempo, ma è sensibile al punto da preoccuparsi per il personale del magazzino, dal lamentarsi delle morti che accadono a chi le sta intorno e comunicare con la bella donna cieca.

Lo stile del regista si manifesta nel modo in cui avvicina la telecamera ai suoi personaggi, specialmente durante i duelli, oltre ad alcune strane opzioni audiovisive come l’uso di molto silenzio, Pneumatici Pausa e ritorno improvviso del suono, qualcosa che viene reso nei primi secondi di una proiezione, anche nei titoli di coda. È quasi un’esperienza per un regista che abbandona la struttura di base di un film come questo e si occupa più del visual design e della sceneggiatura di Kei Tasaka (basata su un’idea di Gosha) camminando quasi esclusivamente dalla base di una svolta, cambiando la situazione attuale Ogni 10 o 15 minuti crea quell’aura che non è nulla come appare.

Direi che la dipendenza da queste abilità manuali è maggiore di quanto sia realmente necessario per raccontare la storia prevista, e il film soffre un po’ di quel ritorno al passato narrativo che ostacola un po’ la fluidità del film. Dico poco, perché, d’altra parte, Gosha potrebbe esserne stato ben consapevole non lasciando spazio alla pancia e lavorando per una durata più che economica limitata a ciò di cui il film ha bisogno per funzionare, senza fronzoli. Attraverso questo, il regista compensa lo spettatore che si arrabbia con i colpi di scena con l’agilità che lega tra loro gli eventi senza dare molto tempo alle situazioni e ai personaggi da studiare e sfidare dalla logica della narrazione.

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Lobo Samurai Che, nel migliore stile dell’arte giapponese della produzione di trappole, e che è proseguito nel seguito, è grosso modo un samurai “B”, un film in cui lo stile ovvio ed economico di Hideo Gosha è molto presente e sembra colmare le lacune cinematografiche del Anni ’60: le reazioni tra Oriente e Occidente nella classe Gli eroi silenziosi e vagabondi contro gli eroi che fanno del bene quasi per caso. Sicuramente uno dei collegamenti mancanti per questo sottotipo molto specifico.

Lupo Samurai (Kiba Akaminosuke – Giappone, 1966)
direzione: Hideo Gosha
carta stradale: Kei Tasaka (Baseado emumentso de Hideo Gosha)
Elenco: Isao Natsuyagi, Ryôhei Uchida, Junko Miyazono, Tatsuo Endô, Junkichi Orimoto, Yoshirô Aoki, Takashi Tabata, Kyôichi Satô, Misako Tominaga
Periodo: 75 minuti

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Jemma Marchesi

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